Inizio scoppiettante dei Concerti del lunedì nella Sala Boccadoro completamente gremita (anche nel corridoio!) con il favoloso Duo Albek: Ambra Albek al violino e alla viola e Fiona Albek al pianoforte. Il programma si è aperto con la famigerata sonata di Schubert "L'Arpeggione" (1824), dove Ambra ha potuto spaziare nell'utilizzo della viola in modo anche non convenzionale, poiché sembrava veramente di ascoltare un reale arpeggione in sala. Questo insolito strumento, poi caduto in disuso e a metà strada tra il violoncello e la chitarra, ha comunque ispirato Franz Schubert a comporre questa stupenda e variegata sonata. I tre accordi iniziali del pianoforte di Fiona, così densi di pathos, hanno dato chiaramente il la alla serata, e non solo in senso figurato, dato che la sonata è, appunto, in la minore. In tre tempi, il movimento iniziale presenta un tema molto romantico, melanconico e intimo che serve da fil rouge nei tre movimenti e che è alternato ad episodi molto rapidi e danzatissimi. Nota da non trascurare: l'inizio è composto da tre semplici note. Nonostante l'Arpeggione abbia una venatura piuttosto mesta ben presente in tutti i tre tempi, il duo Albek riesce a far emergere anche le sfumature ottimistiche, serene e poetiche del movimento iniziale. Le musiciste hanno servito l'Arpeggione calibrando bene gli umori variabili dei temi principali e prendendosi tutto il tempo per fare dei distingui chiari tra le varie sezioni della sonata. Quello che lascia di stucco di questo Duo, a prescindere che Fiona e Ambra sono gemelle e parimenti dotate in modo straordinario per la musica, è il fatto che suonano qualsiasi nota con un profondo senso musicale, riuscendo a trasmetterlo agli uditori con stupefacente naturalezza. La noia non esiste in nessun frangente del concerto, e non manca mai niente all'appello, qualsiasi scelta interpretativa esse facciano. Abbiamo avuto modo di apprezzare questo aspetto in particolare nel secondo movimento, dove un tema soave ci trasporta in un'altra dimensione temporale. Il Rondò dell'ultimo tempo (in Maggiore!) lascia l'opportunità ad Ambra di farci apprezzare la serena dolcezza del tema pastorale e di lasciarci trasportare da Fiona, in profonda osmosi armonica con la viola. L'intermezzo in stile ungherese interpretato in modo frizzante, brioso e danzato, contrastava nettamente con il tema tranquillo del raffinatissimo rondò finale: senza forzature alcune, dei semplici accorgimenti di stile ci ricordano che la sonata è stata composta da un grandissimo compositore e termina con un arpeggio della viola, appunto, per restare in tema. Ma la serata era appena iniziata e le sorprese non sono certamente mancate. A seguire, l'imponente, impervia, e appassionante sonata di César Franck. E' chiarissimo a tutti che chiunque possa suonare questa sonata ha le porte aperte di qualsiasi sala da concerto al mondo. La leggenda dice che quando César Franck decise di dedicarla ad Ysaÿe, uno dei più grandi violinisti dell'epoca, gli raccontò una storia sulla stessa, ossia che i quattro tempi erano ispirati alle varie fasi dell'amore romantico: l'innamoramento e la passione (il primo tempo), il litigio (il secondo tempo), il ripensamento (il terzo tempo), e il gran finale felice, il matrimonio (il quarto tempo). Nella sonata di César Franck il pianoforte è il protagonista della sonata stessa, anche se le melodie che rimangono più impresse nella mente e nell'immaginario collettivo appartengono al violino. Tecnicamente, quello che è richiesto al pianista è a dir poco incredibile: per alcune tipologie di mani, soprattutto piccole, questa è una sonata quasi impossibile da affrontare poiché l’apertura è quasi sempre in ottava se non di più; ma per nostra grande fortuna Fiona Albek è ben attrezzata al riguardo e la sua lettura ci ha permesso di captare tutte le raffinate e sinuose linee melodiche intersecate a quelle del violino di sua sorella. Nel difficile e rapidissimo secondo movimento, il duo mette in rilievo le sincopi in modo preminente, riuscendo a focalizzare l’attenzione del pubblico sulla tensione emotiva del brano e non sulle difficoltà tecniche, che sono particolarmente elevate in questo frangente della sonata. A partire dalla battuta 202 il duo Albek inizia a spingere velocemente verso la fine del movimento in modo furioso. Il loro dialogo è per lo più una lotta di forza tra i due strumenti, che rappresentano i due amanti che litigano, e che a rotazione diventano più aggressivi o meno. La pianista suona ottave vigorose, luminose e possenti che trascinano l’ascoltatore verso la fine del “litigio”. Il Duo ha reso molto bene l’idea anche nel terzo movimento (Recitativo: il ripensamento) quello più meditativo, dove il sogno che parte da battuta 53 ci riporta ai tempi dell’infanzia perduta, e al disincanto dell'età adulta. Il magico accompagnamento del pianoforte ha trasportato gli ascoltatori nella dimensione dell’onirico, del ricordo e del passato. L’inizio dell’Allegretto finale è dato da Fiona con il tema sereno della riconciliazione, della serenità finalmente ritrovata. Nessun manierismo, nessun ripensamento a livello ritmico, Ambra la segue nelle intenzioni musicali senza sacrificare alcun segno dinamico. Grande rispetto da parte del Duo per la partitura: l’arco di Ambra è deciso, preciso e arcano come un taglio di diamante, il vibrato riverbera largamente e arriva al cuore degli ascoltatori in modo diretto ed emozionante. Nel dolce cantabile non c’è nessuna flessione metrica, e l’incanto è mantenuto durante tutto il tempo. La tensione sale in modo esponenziale verso la fine della Sonata, ma il Duo è in grado di tenere il cavallo con le doppie redini lasciandolo correre al galoppo solo alla fine e senza sovrapporre le frasi. Tutto è chiaro, suddiviso coerentemente: le ottave basse del pianoforte di Fiona sono profonde come gli abissi marini dove lo strumento a tastiera sostiene il tema passionale del violino portando la sonata verso la sua naturale conclusione. Il finale in La M è trascinante, coinvolgente, passionale e felice. Una durissima

Sopra: la magnifica sala Boccadoro a Montagnola (da parte al Museo Hermann Hesse). Sotto: backstage con Ambra (a sinistra), io al centro e Fiona (a destra).
prova di resistenza fisica e mentale la Sonata di Franck, ma il duo Albek ha la capacità di trasformare queste difficoltà in musica pura e di non mancare l’appuntamento con i sentimenti più sinceri. Certamente le gemelle Albek hanno un knack particolare per la musica romantica, in quanto la loro visione è estremamente passionale, ma nel contempo anche molto limpida e coerente nella struttura. Applausi da stadio e il Duo Albek è pronto per proporci una chicca del compositore italiano contemporaneo Alessandro Lucchetti, scritta esclusivamente per loro: una fantasia-parafrasi per violino e pianoforte ispirata all'opera "I Pagliacci" di Ruggero Leoncavallo. In questo ultimo frangente del concerto escono allo scoperto tutte le carte più fantasiose del Duo Albek, che ci fa viaggiare nel Verismo più autentico utilizzando i propri strumenti come "VERI" strumenti per riprodurre i più svariati stati d'animo. La composizione è lunga e racconta la triste storia del pagliaccio che uccide sua moglie e il suo amante durante uno spettacolo dal vivo. Delle pagine intense, passionali e veritiere sul bello e il brutto degli esseri umani. Il Duo Albek ha appena registrato un cd dedicato alle parafrasi composte appositamente per loro su temi dell'opera (lo trovate sul loro sito se lo volete acquistare!).
Come bis (sì, c'era anche la classica ciliegina sulla torta!), il mio brano preferito: Berlin, del compositore contemporaneo William Perry, suonato con una viola che avrebbe fatto commuovere chiunque. Grazie di cuore Ragazze, siete semplicemente FAN-TA-STI-CHE!!