sabato 19 settembre 2015
sabato 12 settembre 2015
I Wiener Symphoniker con il Maestro Philippe Jordan alle Settimane Musicali di Ascona
Chiesa di San Francesco stipata a Locarno per i Wiener Symphoniker e il direttore svizzero Philippe Jordan. L'orchestra parla da sè dato il suo blasonato curriculum di concerti, tournée e "attrezzatura tecnica e musicale". Il Maestro Jordan, carismatico leader conosciuto ormai in tutto il mondo, ha diretto i suoi Wiener Symphoniker per il pubblico di casa, che certo non si sarebbe aspettato un inizio di serata così tetro e impegnativo dal profilo dell'ascolto. Le Variazioni per orchestra op. 30 di Anton Webern hanno fatto aggrottare non poco le sopracciglia a chi non ama particolarmente la musica atonale. Anton Webern fu un pioniere della seconda scuola di Vienna perché componeva musica su tre semplici concetti che si concatenavano tra loro: altezza del suono, dinamica e ritmo. Di primo acchito, il brano non ha un gran senso all'orecchio dell'ascoltatore profano, ma analizzando la partitura si comprende con stupore l'enorme coerenza di Webern nell'assemblare gli intervalli dissonanti con gusto e senso del ritmo. Le Variazioni opera 30 sono, tra l'altro, la penultima opera lasciataci in eredità da Webern. Suoni cupi, sordine utilizzate in tutte le varianti, grandissime differenze dinamiche: fff-ppp in pochi centesimi di secondo hanno aperto in maniera stupefacente questo interessante concerto. I Wiener Symphoniker sobbalzano non poco quando verso la fine dei sette minuti d'esecuzione squilla in chiesa un telefonino a volume altissimo. Ma il maestro Jordan è un abile lettore del suo pubblico e cancella con un sol gesto di bacchetta la tristezza del Webern con la soave e virtuosistica interpretazione della Sinfonia Concertante KV 364 di W. A. Mozart con i solisti Kyoungmin Park alla viola e Nikolai Znajder al violino. La Sinfonia concertante può essere considerata senza ombra di dubbio un esempio di doppio concerto per viola e violino con accompagnamento orchestrale. Nonostante la composizione sia nata grazie allo sviluppo e alla crescente qualità dei singoli musicisti orchestrali dell'epoca, la struttura del brano non concede però grandi virtuosismi ai singoli solisti, ma piuttosto fa trasparire un dialogo più colloquiale tra gli stessi e l'orchestra. La giovane e talentuosa violista Kyoungmin Park comprende alla perfezione questa particolare distinzione interpretando con grande profondità i sentimenti e la concertazione dei Wiener Symphoniker, che tra l'altro vantano solo esperti Konzertmeister nelle prime parti. La Park ha evidentemente svolto una grande ricerca sonora, sia rifacendosi ai suoni e alle forme dell'epoca, sia scegliendo una via interpretativa flessibile, interiore, naturale e spontanea e che potesse rispecchiare la sua gentile personalità, priva di manierismi inutili. Di matrice diversa invece l'approccio solistico del violinsta Nikolai Snajder, che interpretando la sua parte con tempi piuttosto rapidi e un suono molto estroverso e brillante, si è distinto per una scelta molto diversificata dall'orchestra e dalla sua collega violista. In contrapposizione, il Maestro Jordan ha ricordato con grande garbo e gentilezza l'essenza intimista della Sinfonia Concertante, in particolare nel poetico secondo movimento, dove il tappeto sonoro dell'orchestra trasporta i solisti da un luogo all'altro. Stupendi i soli in perfetto sincrono dei due archi, che finalmente si amalgamano nonostante la grande differenza d'approccio musicale, creando dei momenti di puro incanto. Gioioso, ma in un tempo ragionevolmente comodo il terzo movimento, dove i solisti hanno dialogato amabilmente mettendo il luce le concatenazioni tra i due strumenti morbidamente. Il pubblico finalmente silente esplode alla fine in un applauso meritatissimo. Pausa di 30 minuti e nella seconda parte, la Settima di Beethoven. Il Maestro Jordan dirige a memoria infilzando letteralmente le note dalla sua bacchetta verso l'orchestra. La sua mimica e gestualità variegate fanno sì che i suoi musicisti capiscano istantaneamente quale tipo di espressione permea la partitura nel qui e ora. Il Maestro inverte la rotta e decide per tempi rapidi, spigliati, che tengono sulle spine gli ascoltatori e rendono tutta la Sinfonia molto più briosa e frizzante. Il secondo movimento ne risente un poco perdendo un filino in pathos, ma il terzo e quarto movimento ne beneficiano grandemente con fortissimi contrasti dinamici, più danzati che solo suonati, e non da ultimo, il continuo e incoraggiante sorriso che il maestro Jordan elargisce ai Wiener Symphoniker ha fatto sì che la Sinfonia trasmettesse al pubblico la pura gioia di suonare e dirigere. Serata da ricordare per la musica ma anche per i sorrisi smaglianti dei musicisti, e il bis di rito con il raffinato e leggerissimo Scherzo dal "Sogno di una notte di mezza estate" di Felix Mendelssohn-Bartholdy.Nella foto: il maestro Philippe Jordan e i Wiener Symphoniker.
martedì 11 agosto 2015
Fantasmagorico concerto di chiusura del MARTHA Argerich Project 2015
Fantasmagorico concerto di chiusura del Martha Argerich Project 2015.
Innanzitutto desidero ringraziare di cuore la persona che mi ha donato il biglietto per assistere a questo strepitoso evento, che ha riempito completamente il Palazzo dei congressi di Lugano. Ci vuole un grande coraggio per suonare il complicato e arditissimo secondo concerto di Prokofieff, e il pianista armeno Sergej Babayan ha servito la partitura in modo pragmatico, diabolico, con assoluta nitidezza e precisione ritmica, tanto da facilitare il compito all'orchestra nell'accompagnarlo. Il tema iniziale, piuttosto sognante e tonale, serve da fil rouge durante tutto il primo movimento. Babayan ha saputo cogliere non solo l’ironia di questo primo tempo, ma anche la sua vena sarcastica, tipicamente prokofiana, che ha permeato tutta la partitura in modo coerente. Il pianista ha aggiunto un tono di pathos come la classica ciliegina sulla torta al suo suono potente, poderoso, e al limite delle capacità sonore del pianoforte, per poi passare ad un secondo movimento, composto prevalentemente da scale eseguite in rapidissima velocità e che rasentavano la precisione centesimale, colorando il tutto in modo giocoso. Nessuna concessione metrica durante l’esecuzione del terzo movimento, introdotto melodicamente dai timpani in modo massiccio e pesante, dallo spirito cupo, quasi funerario, sebbene permeato a tratti da sprazzi di humor fornito dai finti e velocissimi glissandi del pianoforte. Quarto movimento decisamente più atonale e atletico con salti “da cavalletta” estesi e interrotti da un secondo tema meravigliosamente melanconico che ricordava le melodie desertiche dell’est. Babayan ha chiuso il concerto cercando il limite del suo strumento con decisione, in particolare nella ripresa del tema saltato, sostenuto con verve e precisione puntuali dell'OSI sotto la bacchetta esperta di Jacek Kaspszyk.
Ma come cantava Sinatra, “the best has yet to come…”. Ci si chiedeva, in sala, dopo un inizio così di qualità, come il livello musicale avrebbe ancora potuto salire. La risposta è arrivata poco dopo, con l’esecuzione del meraviglioso e celebre primo concerto di Max Bruch per violino e orchestra, interpretato magistralmente da Renaud Capuçon. Nel primo movimento del concerto Capuçon ricerca l’essenzialità del suono, trovando le sue profonde radici, suonando la melodia con ardore e profondità brucianti, e impugnando il suo arco come se fosse un fioretto. La sua presenza scenica trasuda musicalità da ogni poro, con un tocco di “fierté” e grandeur francesi. Silenzio assoluto in sala già dopo pochi secondi dall'inizio. Il solista ispira l’orchestra, che suona appassionatamente senza la minima esitazione e con grandissima espansione sonora. Nel toccante tema del secondo movimento, la cavata del violinista raggiunge il massimo del romanticismo, lasciando il pubblico con il cuore sospeso per la poeticità di quello che si sta udendo in sala. Terzo movimento arditissimo nella scelta del tempo, molto rapido, ma l’orchestra sostiene il solista che suona con generosità e enfasi crescenti, non tralasciando la precisione d’intonazione, e evitando accuratamente d’ offuscare l’istinto musicale del movimento finale. Nonostante Renaud si prenda qualche licenza ritmica in più (per altro più che perdonabile poiché largamente compensata da una musicalità istintiva e purissima), il finale è vorticoso, avvincente, trascinante e appassionato. Ovazione da stadio e applausi per almeno sette minuti nella speranza di poter ascoltare un bis che non arriva conoscendo le regole del progetto Martha Argerich, ma per nostra fortuna il grandissimo violinista si è simpaticamente intrattenuto nell’ atrio del Palazzo dei congressi con gli ospiti durante la pausa del concerto.
Il pubblico era però già in attesa della grande “Señora della musica” e cittadina onoraria di Lugano, che è apparsa sul palcoscenico in gran forma vestendo una tuta pantalone leopardata bianca-nera, e accompagnata dal suo collega Alexander Gurning. Au programme, il celeberrimo concerto per due pianoforti e orchestra di Francis Poulenc. E’ nota al pubblico l’inclinazione di Madame Argerich per questo visionario concerto, che ha già suonato con altri pianisti. Gurning la segue come un’ombra, e l’assieme solistico risulta omogeneo, facendo risaltare la plasticità e l’elasticità del suono del duo che si fonde armoniosamente. Il furioso tema iniziale dell’ Allegro ma non troppo lascia spazio ad un secondo tema più tranquillo ma inquietante per le modulazioni senza sosta e l‘ambientazione da film horror. La ripresa del primo tema con episodi paurosi e rimembranze spagnole colorate dalle nacchere si mescolano. Ritmicamente purtroppo l’OSI manca alcuni appuntamenti con i solisti ma il tutto è riscattato dagli stessi che suonano senza manierismi ricercando la bellezza e il dialogo in primis. Il tema popolare infantile e jazzato che apre il secondo movimento si evolve in un discorso più ardito e sognante trasportando l’uditore ai tempi dell’infanzia perduta, come in un film in bianco e nero. L’ultimo movimento presenta un tema molto articolato, basato su ribattuti rapidissimi e ritmi di danza, composti a “blocchetti”. I due pianoforti giocano a prendersi e la vena più ironica, giocosa e combattiva si palesa immediatamente per lasciare spazio a un secondo tema più mistico che irrompe a tratti, anche se meno presente. Il primo tema, composto in stile cinematografico, chiude il bellissimo e articolato concerto.
La stupenda serata è terminata con l’atletica esecuzione del virtuosistico secondo concerto per pianoforte e orchestra di Franz Liszt, interpretato dalla sinuosa Khatia Buniatishvili, che, agghindata come una sirena (con tanto di strascico bianco al seguito), ha chiuso questa magnifica edizione con una visione piuttosto tradizionale del concerto lisztiano. Khatia si è lanciata suonando con determinazione e si è lasciata trasportare vivacemente dall’ ispirazione del momento. Sebbene la sua visione del concerto non abbia fornito spunti fantasiosi di rilievo, la sua esecuzione sarà certamente ricordata per la cura dei suoi delicatissimi pianissimi e il fraseggio sempre elastico e trasparente. Applausi finali da brivido e meritatissimi, per coronare la magnificenza di questo progetto Martha Argerich 2015. Nelle foto: Renaud Capuçon e Martha Argerich con Alexander Gurning.
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